ASFO: un modello per il futuro

📰 Questo è un articolo pubblicato originariamente sulla versione cartacea de La Spinta, Sesta uscita di Luglio 2022. Visita l'archivio e scarica le precedenti uscite.

Uno dei primi ricordi di quando ero bambino è una distesa di mirtilli.
Era in alcuni pomeriggi d’estate, quando la scuola finiva, indistinguibili ormai l’uno dall’altro, ed ero con mio nonno nei boschi di San Quirico.
Ci andavamo spesso nei boschi, non tutti i giorni, ma almeno un paio di volte a settimana ed ogni volta che arrivava l’ora della merenda ci gettavamo in quelle distese di mirtilli che c’erano sul versante est di San Quirico, i boschi di “Muntalban” finendo sempre con la lingua e le mani viola. Il nonno ha il bosco da quando lui era bambino, da quando, in altre parole, il bosco non era solo un ammasso di alberi ma era uno dei patrimoni di una famiglia, una fonte di risorse, qualcosa che serviva nella vita di tutti i giorni. So queste cose, non perchè le abbia vissute, ovviamente, ma perche mi sono state trasmesse. Il nonno mi raccontava di quando con lo strame, il fondo del bosco, ci facevano i letti delle bestie che avevano a casa; che il bosco ceduo veniva tagliato, in modo che ricrescesse poi nel tempo, e con la legna si scaldavano bruciandola, o vi utilizzavano i paletti, quelli più dritti e forti, per costruire i sostegni dell’orto. E ancora come d’autunno il bosco generava castagne e funghi con un’abbondanza che forse noi non abbiamo mai visto. La storia di quella parte di San Quirico è legata poi indissolubilmente anche alla coltivazione della vite. In alcune parti del bosco, infatti, sono ancora visibili terrazzamenti antropici fatti appunto per favorirne la coltivazione.
Traccia di questo, a dire il vero, se ne trova anche in alcuni angoli di internet, oltre che nei ricordi del nonno. L’aeronautica svizzera ha da qualche anno liberato delle immagini aeree scattate dai voli di ricognizione
negli anni 50, rimaste secretate fino a non molto tempo fa. Guardando quelle immagini si vede un territorio che si fa fatica a riconoscere.
È evidente quanto il territorio fosse in simbiosi con le persone che lo abitavano. Ogni angolo era utilizzato e plasmato dal lavoro e dalla cura delle persone. Oggi la realtà è ben diversa, il bosco è per lo piu abbandonato e lasciato “selvaggio”. Molti proprietari sono diventati troppo anziani per occuparsene e in ogni caso, prendersene cura non è più un’attività in grado di contribuire ad un reddito domestico. Molte aree di San Quirico sono state ereditate, divise e ridivise in ottavi, sedicesimi di intero e molti di questi eredi non sanno nemmeno dove hanno le proprietà. Io stesso, non saprei dire esattamente dove inizia e finisce il bosco del nonno, mentre saprebbe riconoscere gli alberi e i sassi che formano i vertici del suo terreno. Di mirtilli, non non ne crescono più molti, quasi nessuno a dire il vero.
Nonostante molti angeresi, incluso me, per boschi ci andiamo ancora, è inutile negare che l’incuria abbia preso il sopravvento e quando, lo scorso aprile, il bosco ha preso fuoco, questa incuria e mancanza di manutenzione è stata una delle cause che ha fatto si che l’incendio si sviluppasse con quell’impeto. Di questo, almeno in parte, siamo un po’ tutti non dico colpevoli, ma responsabili.
Ma come ogni crisi, anche questa, nasconde tra le sue pieghe delle nuove opportunità. La nuova opportunità che abbiamo di fronte si chiama ASFO, acronimo di associazioni fondiarie. Queste non sono altro che associazioni di proprietari di terreni boschivi, che mantengono la proprietà della terra, delegando però all’associazione la loro gestione. L’associazione in cambio fa massa critica e si occupa di recuperare fondi attraverso bandi e cerca, per quanto possibile, di mettere a reddito il bosco ad esempio attravero la costituzione della filiera del cippato, o della promozione della sentieristica, o valutando il mondo del down hill. A seconda del bosco, c’è una soluzione più o meno logica ed intelligente, non tutte le idee vanno bene ovunque.
Numerosi sono gli esempi di ASFO che sono nati o stanno nascendo in Italia, alcuni, come quello del Campo dei fiori, in alcuni casi, fra l’altro, a seguito di incendi come quello che abbiamo dovuto affrontare noi cittadini di Angera e Ranco. Abbiamo proposto, sia in sede di commissione che di consiglio comunale all’amministrazione di Angera di farsi promotore della costituzione di un ASFO di San Quirico e con piacere notiamo che l’obiettivo è stato messo all’interno del DUP 2023-25 ed alcuni fondi sono già stati stanziati. Non so se questo basterà ad impedire che si verifichino altri incendi e nemmeno se sia sufficiente a far tornare le distese di mirtilli. Probabilmente no. Ma credo che questo sia, in considerazione delle risorse a disposizione e degli strumenti legistlativi in vigore, il passo migliore che si possa fare per tornare a fare una cosa per San Quirico molto semplice quanto complessa: prendercene cura.