Un anno di DAD – pro e contro del nuovo strumento

📰 Questo è un articolo pubblicato originariamente sulla versione cartacea de La Spinta, Quarta uscita di Marzo 2021. Visita l'archivio e scarica le precedenti uscite.

Ad un anno dall’introduzione della ormai famosa DAD – “didattica a
distanza” abbiamo chiesto ad una professoressa e ad un alunno di stilare
un bilancio della loro esperienza. A risponderci sono stati Simone, che
frequenta il quinto anno dell’istituto tecnico relazioni internazionali di
Sesto Calende e Maria Fiorangela Morlacchi, docente di IRC all’istituto
comprensivo Dante Alighieri di Angera.

SIMONE:
Simone, domanda secca, cosa pensi
della DAD?

In una parola? noiosa. Il problema non è tanto il contenuto della lezione che manca, ma è il rapporto con i compagni, con le amicizie di tutti i
giorni. Finire la lezione e spegnere il computer è qualcosa che stordisce.
Detto questo però dobbiamo essere grati di questa opportunità, ci ha
comunque consentito di terminare l’anno, seppur con tutte le difficoltà,
ma chi non ne ha avute quest’ultimo anno? i ragazzini più giovani di noi
ad esempio, mi fanno molta tenerezza, perchè noi abbiamo la possibilità
di capire la gravità della situazione, ma per loro è molto diverso, non
possono nemmeno fare sport.

Vero. Qual è stata la cosa peggiore?
L’incertezza. Il fatto di non sapere, se si torna, fino a quando sarà. Lo dico sia come studente che come rappresentante d’istituto: si scelga una linea. Se si decide che la priorità è la scuola non possiamo pensare che all’aumento dei contagi sia la prima cose che si chiuda. E’ stato paradossale in alcuni momenti non poter andare a scuola ma poter andare a fare l’aperitivo al bar.

E una cosa buona?
Beh, è comunque uno strumento che consente un confronto a distanza, in
alcuni paesi la DAD era già presente prima della pandemia, se usata nel
modo corretto potrà essere utile anche dopo la fine dell’emergenza.
Se ci pensi, un giorno potrebbero non esserci più le assenze: se stai male e
hai la febbre potrai comunque seguire la lezione al computer magari dal
letto, oppure durante le emergenze metereologiche.

Avete avuto paura del contagio?
Sì c’era timore del contagio anche da parte nostra appena rientrati in classe,
anche se per poco. Ci sono stati degli episodi di irresponsabilità tra i ragazzi,
che fanno notizia perchè vengono raccontati, però la maggior parte di
quelli che conosco temeva di contagiarsi non tanto per la malattia, ma
più per il rischio di contagiare nonni e famiglie. Molti di noi sanno, per
esempio, che se i nostri genitori si fossero contagiati oltre a rischiare di
stare male dovrebbero stare in quarantena senza poter andare a lavorare,
per chi ha un lavoro autonomo è un problema nel problema questo.

Il rapporto con i tuoi compagni è cambiato nell’ultimo periodo?
No con loro non molto, ma è stata tutta la situazione strana.
Parlo a titolo personale: per me è stato davvero brutto. la notizia del
tornare in presenza è stata una vera boccata di libertà. Il primo lockdown
non è stato un brutto momento, c’era il senso di responsabilità che ci accumunava e questo ci spingeva a resistere. La seconda ondata è stata
molto monotona e un po’ deprimente.

Sei preoccupato per l’esame di maturità?
No… beh ma perché sono un incosciente. In realtà la preoccupazione
che abbiamo è che non ci sia chiarezza su come si svolgerà. Noi vorremmo
che si prenda una decisione adesso sulle modalità dell’esame e si
vada dritti per quella strada. È l’incertezza che crea disagio.

In bocca al lupo allora. Ultima domanda, dimmi la prima cosa che
farai quando tornerà la normalità?

Facile questa, un viaggio. Dove non lo so, ma questo poco importa.


FIORI:
Fiori, come hanno reagito alla DAD e all’isolamento a casa i ragazzi?
Con due modalità quasi opposte. Per qualcuno va bene, per assurdo, in
alcuni casi, quelli che avevano problemi di concentrazione e di relazione sono migliorati rispetto a quando sono in classe, ma la maggior parte è molto stanca e annoiata, vogliono tornare a scuola e stare insieme ai compagni. La scuola è soprattutto socializzazione. Ora siamo tornati in classe, ma comunque è difficile per via del distanziamento lavorare a gruppi e svolgere alcune tipologie di attività, ma resistiamo.
Cerchiamo comunque di parlare del covid e di quello che ci sta accadendo,
cercando di rileggere il passato e interiorizzarlo per andare avanti.
Sicuramente però, è davvero più difficile capire chi ti segue e chi no,
spesso in classe basta uno sguardo per saperlo.

In che modo la DAD influenzerà il futuro dell’insegnamento?
E’ innanzitutto una sfida che abbiamo davanti. Credo che la DAD sia
comunque uno strumento positivo, per vivere la relazione in un’altra
modalità, a patto però che sia solo un’integrazione di qualcosa che
iniziamo in classe. La componente in presenza è imprescindibile.
Ora però serve un programma di formazione sera sui docenti, non
tanto nell’utilizzo dei software, quanto piuttosto nelle strategie da
adottare per essere più efficaci a distanza, come riuscire ad arrivare a
tutti i ragazzi, come valutare i ragazzi, o se abbia senso valutarli in DAD.

Recupereremo il tempo perso?
Dipenderà solo da noi, insegnanti e alunni, a quanto saremo resilienti. Per ora sto lavorando con i ragazzi sul riuscire a comprendere quello che ci accade per riuscire a reagire. Gli chiedo ad esempio di elencarmi le
cose brutte del 2020 ma poi anche quelle belle, facendoli sforzare per
riuscire a trovarle. Una delle risposte migliori è stata che del 2020 non
dobbiamo buttare via nulla, ma utilizzaretutto quello che ci è successo per
imparare e migliorarci.

Nelle scorse settimane sono stati diversi gli episodi in cui ragazzi giovani si trovavano solo per scatenare risse tra loro stessi, come valuti questi episodi?
Per me sono risposte sbagliate a bisogni che hanno: ci stanno urlando che
hanno bisogno di incontrarsi. E aggiungo che questi fenomeni si combattono solo riuscendo a fornire alternative. All’inizio della pandemia
è stata usata la parola “distanziamento sociale” ma questa ha fuorviato il
concetto che stava alla base, bisogna continuare a spiegare che il distanziamento deve essere fisico ma non sociale, e i ragazzi, con il bisogno che hanno di contatto, non riescono a maneggiare questa differenza.

Dimmi un augurio per il 2021.
Spero che continueremo ad imparare dalla vita, di avere il coraggio di
prendere le sfide e di viverle con la professionalità che per noi è fatta di
passione educativa per il bene del futuro che è già presente: i nostri
ragazzi. Perchè senza presente non sarà futuro, e se non lavoriamo su di
loro non ci sarà futuro.