Una questione (non solo) femminile

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In Italia, da inizio anno, sono 103 le vittime di femminicidio.
Quando leggiamo una notizia di femminicidio pensiamo sempre a un fenomeno isolato, relegato ai margini della società e a situazioni di disagio.
In realtà la violenza di genere ha molteplici forme, riguarda tutti trasversalmente e non conosce confini.
La violenza può essere fisica, psicologica, sessuale, economica: in ogni caso le dinamiche di potere e sopraffazione sono sempre legate alla radicata concezione che le donne siano inferiori agli uomini e spesso, all’interno di relazioni personali e affettive, risulta difficile riconoscere e identificare queste dinamiche.
Violenza di genere non è solamente “l’occhio nero” comparso sul volto, ma anche la scarsa rappresentanza femminile a tutti i livelli politici e decisionali, la disparità salariale a parità di mansioni con un collega maschio, l’articolo di giornale che non riporta il cognome della protagonista, etichettadola solo come “mamma”, “donna”, “moglie di”. Gli esempi infiniti che abbiamo quotidianamente sotto ai nostri occhi dimostrano come nella nostra società la violenza contro le donne sia un problema culturale.
La costruzione di modelli stereotipati relega ancora il genere femminile a sottostare a canoni ben precisi e gli episodi di violenza contro le donne sono il risultato di millenni di visioni, pregiudizi e comportamenti sbagliati.
Il complesso compito di scardinare la matrice che ogni violenza di genere porta con sé spetta alle donne e agli uomini che ogni giorno si rendono protagonisti della trasmissione di modelli patriarcali.
La violenza contro le donne è una questione maschile, non solo perché l’aggressore generalmente è un uomo, ma anche perché è ancorata a stereotipi obsoleti che vogliono l’uomo legato all’idea del possesso e all’espressione violenta della virilità.
Siamo tutti chiamati ad agire, attraverso l’educazione e la cultura per creare una visione differente. Non basta dire: “Io queste cose non le faccio”.
Prestiamo attenzione quando sui social scriviamo un commento sessista legato all’aspetto fisico di una donna, quando chiediamo alla nostra partner di rimuovere una foto perché “non mi va che ti vedano così”, quando diciamo alle nostre figlie di non mettere la minigonna per uscire perché “poi te la vai a cercare”, quando vi è una reazione a un commento indesiderato e “non si può dire niente, fattela una risata!”.
Spesso le ragazze e le donne stesse non riconoscono o non riescono a dare un nome alle violenze subite, spesso non sono credute e vengono colpevolizzate.
L’educazione sentimentale, alla sessualità, al consenso e al confronto con l’altro genere sono strumenti importanti che possiamo utilizzare fin da subito per cercare di cambiare lo stato delle cose, rielaborare modelli superati e raggiungere maggiori libertà e diritti per entrambi i generi.